L’EQUITA' SOCIALE SECONDO IL MINISTRO DEL LAVORO ITALIANO
Due italiani della stessa età e stesso titolo di studio, iniziano la loro attività insieme nella stessa azienda/Amministrazione Pubblica. Il soggetto “A” sin da subito evidenzia una gran voglia di lavorare, desiderio di imparare, sana ambizione. Nel corso degli anni studia, frequenta corsi di aggiornamento, sia quelli obbligatori sia quelli facoltativi. Avanza nella carriera, assume responsabilità sempre più elevate, mettendosi in gioco e rischiando in prima persona. Le sue giornate lavorative durano anche 12 ore al giorno, passa molto tempo furi casa, lontano dalla propria famiglia, dai propri affetti. Accetta missioni all’estero, viene spesso trasferito da una città all’altra, con conseguenti disaggi per se e la propria famiglia e, quando non è possibile trasferire la famiglia, è lui che “pendola”, sobbarcandosi anche viaggi di fine settimana, quando possibile di tre-quattrocento chilometri. Tutto questo per 40 anni e più.
Il soggetto “B”, decide sin da subito di voler vivere una vita più tranquilla. Fa quanto deve, non va oltre quello che è il suo dovere nei confronti del datore di lavoro. Frequenta i corsi di aggiornamento, ma solo quelli obbligatori, se può evita incarichi di responsabilità. Evita, finché gli è possibile, trasferimenti per non sottoporre la propria famiglia ai conseguenti disaggi. Non accetta impieghi fuori dal territorio nazionale. Al termine dell’orario di lavoro, “spegne le macchine” e se ne torna a casa a godersi la propria famiglia. Vive la sua vita lavorativa senza alcun tipo di ambizione facendo “il minimo indispensabile” e senza particolare entusiasmo.
Certamente il soggetto “A” durante la sua vita lavorativa ha guadagnato di più del soggetto “B”, ha pagato più tasse e più contributi previdenziali e assistenziali.
Ora i due soggetti vanno in pensione. Il primo, avendo lavorato di più, ha guadagnato di più, ha pagato più tasse, ha una pensione che supera gli 80 mila euro. Il secondo, avendo lavorato di meno ha guadagnato di meno, ha pagato meno tasse ed ha una pensione di 80 mila euro.
Mentre i due soggetti si stanno godendo la meritata pensione, arriva un ministro della Repubblica, un ragazzino che nella sua vita non ha mai lavorato e di conseguenza non sa cosa vuol dire alzarsi la mattina alle 6, uscire di casa senza sapere a che ora rientrerà e se rientrerà. Non sa cosa significa dormire in un sacco a pelo sotto una tenda, lavorare in mezzo alla neve a meno 5-6 gradi e anche più, o sotto il sole cocente. Non sa cosa significa lasciare la propria famiglia per settimane o per mesi. Non sa cosa significa affrontare 10-12 trasferimenti, magari con 20 giorni di preavviso. Lui non sa nulla di tutto ciò per il semplice motivo che non lo ha mai provato. E, di punto in bianco, decide che coloro che hanno una pensione oltre gli 80 mila euro lorde devono restituire allo Stato quota parte o tutti gli emolumenti sopra gli 80mila, così, senza colpo ferire. Ma questo non fa per salvare il Paese. Sai, il Paese si trova sull’orlo del fallimento, bisogna ridurre il debito pubblico, allora si chiedono dei sacrifici e che, comunque, devono essere temporanei, per ridurre il debito e quindi gli interessi. No, questo furto, perché di furto si tratta, viene fatto per dare un reddito maggiore a chi ha un reddito basso o nullo, cioè a coloro che nella loro vita o non hanno fatto nulla o hanno lavorato in nero senza pagare il becco d’un quattrino in tasse o contributi previdenziali e assistenziali. O, peggio a quegli oltre 500mila stranieri ultra 65enni che hanno sempre vissuto nel loro Paese, ed ora, grazie all’istituto della ricongiunzione familiare, vengono in Italia a prendersi l’assegno sociale e magari una volta ottenuto se ne tornano a vivere nel loro Paese a spese degli italiani.
Il “povero” soggetto “A” che per tutta la vita lavorativa si è impegnato, ha sacrificato se stesso e la propria famiglia, si vede, prima equiparato al soggetto “B” che ha fatto l’indispensabile senza alcun sacrificio e poi vede i propri soldi dati a chi non ha fatto nulla per guadagnarseli.
Bene le cose sono due: o i soggetti “A” non hanno capito nulla (per non usare termini più coloriti) e sono stati degli ingenui (sempre per non usare termini più coloriti) sperando che un giorno tutti i loro sacrifici sarebbero stati premiati, oppure il ministro del lavoro italiano, che vuole introdurre questa “sua” equità sociale, è un simpatico ragazzotto, (sempre per non usare termini più coloriti) che vuol giocare a fare il moderno Robin Hood (sempre per non usare termini più coloriti).
Una cosa è certa, alle prossime elezioni, tutti i soggetti “A” faranno attenzione se dargli la loro fiducia, a lui e a chi lo appoggia, anche se devo dire per onestà intellettuale che, oggi in Italia, è difficile individuare una parte politica che merita fiducia.
13/08/2018